1984, un libro che parla di noi

Di parole sul 1984 di George Orwell ne sono state spese molte, addirittura il personaggio del Grande Fratello, una presenza continua che si intromette nella vita delle persone osservandole da dietro uno schermo, ha dato il nome ad una famosa trasmissione televisiva, ma a parte esser citato per anni nei nostri palinsesti, il romanzo è rimasto giusto un romanzo appartenente alla sfera della cultura e della fantasia, non della realtà.
Invece oggi andrebbe riletto con molta attenzione perché quelle idee distopiche che in questi 74 anni sembravano le visioni romanzesche di un futuro impossibile si stanno rivelando più concrete e attuali di quanto non si possa pensare.
Il romanzo racconta di un mondo diviso in tre grandi superpotenze in perenne lotta tra loro e in particolare della potenza chiamata Oceania che possiamo vagamente identificare con le attuali nazioni di lingua inglese. In Oceania ha preso il potere un regime totalitario che esercita un controllo maniacale sulla popolazione sfruttando 5 leve fondamentali: una nuova lingua (neo-lingua), la propaganda, le fake news, l’odio e soprattutto gli schermi presenti in ogni spazio pubblico e privato che non solo diffondono la propaganda e le fake news, ma allo stesso tempo controllano i movimenti e le parole di ogni individuo.

Se nelle democrazie occidentali l’uso politico di queste 5 leve sembra non trovare applicazione nella realtà, ma vedremo che non è esattamente così, nelle tante dittature o democrature (formalmente democrazie, ma con il potere in mano ad una ristretta élite”) presenti nel mondo invece si può ravvisare una realtà molto vicina a quella descritta da Orwell.

La Neolingua

Il concetto alla base della teorizzazione della neo-lingua è la volontà di minare la libertà di pensiero e quindi avere un maggiore controllo sulla popolazione insegnando una lingua povera basilare nella quale sia impossibile elaborare concetti complessi o in dissonanza con la propaganda perché molto semplicemente mancano le parole per descriverli.
Ovviamente nulla di cosi pervasivo è in atto nella nostra realtà, ma ciò non toglie che esistono delle somiglianze della neo-lingua con la lingua facile che sta prendendo piede nelle comunicazioni ufficiali e in generale con la semplificazione del vocabolario politico ormai espresso più attraverso la spiccia comunicazione via social piuttosto che con articolati discorsi. Non è la regola, per carità, ma le analogie dovrebbero far pensare.

Le Fake News

Nel 1984 di Orwell le fake news sono uno strumento politico di controllo, tutta la produzione letteraria e giornalistica viene continuamente corretta, riscritta perché non sia mai in contraddizione con la voce del potere, con le notizie della propaganda. La verità viene aggiornata, modificata, in poche parole le fake news diventano la verità, perché il potere politico fa coincidere falso e reale. Pur ben lontani da questo scenario non possiamo ignorare che il rischio della manipolazione della realtà sia attuale, attualissimo; basti ricordare la fialetta di agenti chimici mostrata da Colin Powell, allora segretario di stato americano, davanti alle Nazioni Unite per giustificare l’invasione dell’Iraq o la fabbrica di fake news creata dalla Russia al quale è dedicato il “Brigate Russe” di Marta Federica Ottaviani o il “Misure Attive” di Thomas Rid. Quindi ancora una volta Orwell descrive qualcosa di aderente alla nostra realtà.

Il Segretario di Stato americano mostra una falsa fiala di materiale chimico all’ONU

La Propaganda

Ben inteso, la propaganda è sempre esistita e sempre esisterà, non è certo una invenzione di George Orwell, però è innegabile che l’evoluzione tecnologica dell’ultimo secolo le abbia permesso di raggiungere vette di efficacia e di persuasione nuove, soprattutto nei regimi in cui è limitata la libertà di stampa, ma non solo e basta vedere il successo della comunicazione di Donald Trump per notare come la propaganda possa diventare uno strumento efficace anche nelle democrazie, allo stesso modo analizzando la retorica di Putin attorno all'”operazione militare speciale” in Ucraina si nota come le tecnologie abbiano reso la propaganda un mezzo molto più persuasivo di quanto non fosse in passato.

L’Odio

Se per anni abbiamo avuto una politica di fortissima contrapposizione tra sinistra e destra con sfumature di ogni gradazione tra comunisti e fascisti che spesso è sfociata anche in episodi di violenza, ma che trovava comunque una via di civile convivenza perché le due parti erano fisicamente a contatto, si conoscevano; l’odio descritto da Orwell non solo è deprivato di qualsiasi veste ideologica e politica, ma è “depersonalizzato”, diventa viscerale, si odia l’altro che non si conosce, che non si frequenta, alimentati da propaganda e fake news, solo perché sta dall’altra parte della barricata.

E’ la descrizione perfetta dell’odio di cui sono oggi pervasi i social network. Sintomatica di questo andazzo è stata l’elezione del Presidente degli Stati Uniti che ha visto contrapporsi Trump e Biden, sfociata nell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 dopo mesi di propaganda e fake news.

L’effetto dell’odio alimentato da propaganda e fake news

Lo Schermo del Grande Fratello

Questa è forse l’intuizione di Orwell più attuale e azzeccata e ovviamente inquietante. Oggi siamo letteralmente circondati da apparati elettronici che seguono ogni nostro movimento e ascoltano ogni nostra parola. Ancora prima delle telecamere ormai onnipresenti in tutte le città, Il primo apparato spia lo portiamo in tasca quasi 24 ore su 24, è diventato un compagno inseparabile dal quale non riusciamo a staccarci, il cellulare.

Oggi tutti gli stati hanno acquistato dei programmi chiamati spyware in grado di installarsi sui nostri dispositivi e tenere traccia di ogni nostra attività, nessuno è al riparo. Un esempio eclatante è quanto successo a Jeff Bezos, il magnate di Amazon ed editore del Washington Post che si vide il telefono hackerato dall’intelligence saudita per le battaglie del suo giornale contro l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi ucciso e fatto a pezzi (letteralmente) all’interno dell’ambasciata saudita di Istanbul.

Se dell’uso degli spyware se ne sta discutendo nei paesi democratici e almeno ufficialmente si sta arrivando ad una legislazione che ne vieti o quanto meno ne limiti l’utilizzo, le minacce alla nostra privacy non sono finite, perché ognuno di noi oltre al telefono si sta dotando di apparati che ci rendono comoda la vita; “Ehi Google“, “Alexa” o “hey Siri” sono le frasi con le quali in molti accendono luci, programmano la TV, prendono note e appuntamenti, ma sono anche le frasi rivolte ad un apparato sempre in ascolto, senza citare gli apparati che conteggiano quanti passi facciamo al giorno, che percorsi attraversiamo in macchina o a piedi, in che ristorante andiamo e se ci è piaciuto quel prodotto e cosa guardiamo online per poi proporci scelte su misura, ma se ci propongono loro quello che è “meglio” per noi, dove finisce la nostra libertà?

Il Grande Fratello ti sta guardando
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